Stipsi

STIPSI NELL'ADULTO

La stipsi o stitichezza è una patologia che nell’immaginario collettivo è legata solo al numero delle evacuazioni e/o alla forma e consistenza delle feci: alcune persone si definiranno erroneamente stitiche, ad esempio, solo perchè non evacuano tutti i giorni o perchè evacuano regolarmente ma feci piccole e dure.

In realtà la normalità è rappresentata da un ampio ventaglio di caratteristiche che fanno capo a ognuno di noi.

Mediamente una persona sana evacua minimo ogni tre giorni alla settimana e massimo tre volte al dì, feci di consistenza variabile: poltacee, liquide, secche, caprine, miste. Tale variabilità di consistenza può essere occasionale ed essere legata a fattori  ambientali: cambiamento delle proprie abitudini, modificazioni dell’alimentazione,  riduzione dell’attività fisica, etc.

Questo fa sì che, a torto o a ragione, circa l’8-10% degli italiani si definisca stitico e faccia ricorso a farmaci o rimedi di vario genere.

Quindi, chi può definirsi stitico ?

TEST DI AUTOVALUTAZIONE:

Se hai raggiunto un punteggio di 7 punti probabilmente c’è un problema di stitichezza che dovrebbe essere affrontato con uno specialista.

Pertanto per potersi definire stitica una persona deve riferire da più di tre mesi almeno due delle seguenti condizioni:

Classificazione

Nel gruppo di pazienti che vengono definiti “stitici” si possono distinguere tre sottogruppi principali:

STIPSI DA RALLENTATO TRANSITO (30% dei casi)

È una forma di stitichezza che è dovuta a un intestino “pigro” per una forma d’ipotonia colica, ovvero un rallentamento del passaggio delle feci, che può essere ricondotta a una eccessiva lunghezza del viscere (dolico-colon), a un uso smodato di lassativi (melanosi coli), a un allettamento prolungato, a un fattore costituzionale, a una cattiva alimentazione priva di fibre.

Infatti, mangiare poca verdura, bere poco, eccedere con gli zuccheri o con le proteine animali (carne rossa) può favorire questa condizione.

Sono persone che evacuano meno di due volte alla settimana e non hanno quasi mai un vero e proprio stimolo.

Quindi in questo sottogruppo prevale la scarsità delle evacuazioni.

STIPSI DA RALLENTATO TRANSITO
Stipsi da rallentato transito
STIPSI DA SINDROME DELL’ INTESTINO IRRITABILE
Stipsi da sindrome dell'intestino irritabile

STIPSI DA INTESTINO IRRITABILE (20% dei casi)

È un tipo di stipsi inquadrabile nella sindrome dell’intestino irritabile o “irritable bowel sindrome” (IBS), nella sua versione stitica.

È caratterizzato dalla spasticità, cioè dalla contrazione, dell’intestino che perdura nel tempo e si ripete più volte.

Questo complesso quadro clinico si caratterizza per una forma d’ipersensibilità viscerale ed per una relazione diretta di tipo neuro-intestinale (brain-gut axis).

A differenza del sottogruppo precedente, alla stipsi si associa il dolore che per poter rispettare i criteri classificativi di Roma II (criterio internazionale di classificazioni delle disfunzioni intestinali), deve avere le seguenti caratteristiche:

Dolore continuo o ricorrente per almeno 3 mesi che:

A questo si aggiungono due o più di questi sintomi presenti in almeno il 25% dei casi:

STIPSI DA OSTRUITA DEFECAZIONE (30% dei casi)

Questo sottogruppo fondamentalmente, almeno in fase iniziale, non presenta un problema di transito intestinale o di percezione dello stimolo ma di espulsione delle feci.

Si verifica soprattutto nelle donne (frequenza tre volte superiore rispetto agli uomini), e in particolare in età peri- o post-menopausale.

Questo disturbo è frutto della alterazione di un sofisticato meccanismo che prevede una buona sensibilità dell’ampolla rettale, un normale apparato muscolare in grado di rilasciarsi e una perfetta innervazione di entrambe le strutture. Una alterazione di una di queste componenti comporta una forma di dissinergia che è la causa della defecazione ostruita o dischezia.

Questo può avvenire in forma idiopatica oppure può essere la conseguenza di patologie proctologiche: ragade anale, emorroidi, prolasso rettale con o senza rettocele e invaginazione rettale.

La forma idiopatica è una condizione molto particolare in cui viene a mancare il rilasciamento dei muscoli del pavimento pelvico che anzi possono contrarsi in modo paradosso.

Spesso tale disfunzione inizia nell’infanzia, o dopo un evento particolare come il parto, un trauma o un danno midollare e a volte dopo abusi sessuali.

Sono quindi disturbi acquisiti per cui il paziente in pratica “disimpara a evacuare”, cioè a rilasciare i suoi muscoli pelvici durante l’evacuazione.

STIPSI DA OSTRUITA DEFECAZIONE
Stipsi da ostruita defecazione

Quindi, sempre in base ai criteri di Roma II, per ostruita defecazione si intende:

Difficoltà nella defecazione che si manifesta in almeno il 25% delle evacuazioni per un periodo di almeno 3 mesi con:

Diagnosi

Colonscopia

è innanzitutto obbligatoria dopo i 50 anni, o prima se c’è familiarità per i tumori colo-rettali, per escludere che una forma di stipsi possa essere dovuta a una patologia neoplastica.

È utile inoltre per diagnosticare patologie che potrebbero contribuire alla stipsi o giustificare delle perdite di sangue come la malattia diverticolare del colon o le malattie infiammatorie intestinali, in particolare il morbo di Crohn.

Rx clisma opaco

pur avendo meno sensibilità nella diagnosi delle neoplasie rispetto alla colonscopia, tale metodica permette di fare valutazioni più accurate di carattere morfologico.

Cioè si possono osservare una eccessiva lunghezza (dolicocolon) o calibro (megacolon) del colon, condizioni che si accompagnano spesso alla stipsi.

Rx tempi di transito intestinali

consiste nella somministrazione orale di markers radiopachi (piccole pilloline visibili ai raggi X) e nella valutazione della loro progressione lungo l’intestino con semplici radiografie “in bianco” dell’addome a intervalli di tempo prestabiliti.

In questo modo si può porre diagnosi di rallentato transito individuando anche, in particolare nel colon, il tratto intestinale più interessato dall’ipotonia.

Rx defecografia

valuta la dinamica ano-rettale e la morfologia del retto durante l’evacuazione del mezzo di contrasto (vedi anche nella sezione “diagnostica”).

È possibile accertare una invaginazione o intussuscezione retto-rettale o retto-anale, un rettocele, un enterocele, una sindrome del perineo discendente, una contrazione paradossa del muscolo pubo-rettale e altre forme di dissinergia addomino-pelvica.

Manometria anorettale

studia le pressioni del canale anale, valuta la coordinazione motoria tra retto e ano e definisce le sensazioni rettali.

Nella stipsi questo esame serve soprattutto a evidenziare un difetto di rilasciamento dell’apparato sfinteriale durante l’evacuazione o per mancanza del riflesso anale inibitore, come si riscontra ad esempio nel morbo di Hirschsprung, o per dissinergie legate ad esempio alla contrazione paradossa del muscolo puborettale.

Tests neurofisiologici

(studio dei tempi di latenza del n. pudendo ed elettromiografia)

consentono di studiare quasi tutte le componenti muscolari e nervose del pavimento pelvico e in particolare il nervo pudendo e la funzione muscolare.

Nella stipsi possono essere utili per la diagnosi della dischezia da alterato rilasciamento sfinteriale o da contrazione paradossa del muscolo pubo-rettale.

Problematiche

1.

La stipsi è una condizione che comporta notevoli disagi e si riferisce a un ambito corporeo, che fa parte della sfera privata, di cui si parla malvolentieri al proprio medico curante preferendo l’auto-prescrizione di lassativi.

Si capisce pertanto quanto sia complesso avere dati epidemiologici reali di questa malattia.

In sostanza se ne parla poco e, spesso, a sproposito.

2.

E’ determinante affidarsi a un medico, della medicina di base o specialista, per inquadrare il sintomo “stipsi” nell’ambito di una patologia o classificarla come disfunzionale. Ad esempio sarà fondamentale escludere alcune malattie che presentano la stipsi tra le possibili forme d’insorgenza o tra le loro conseguenze: neoplasie, malattia diverticolare del colon, collagenopatie, diabete mellito, morbo di Parkinson, malattie nervose degenerative (sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica).

Nelle forme disfunzionali da intestino pigro sarà invece importante restituire una normale funzione all’intestino prima che compaiano le conseguenze di evacuazioni difficili caratterizzate da sedute prolungate sul water e da sforzi ripetuti.

Infatti, alcune patologie come la ragade anale, le emorroidi e la trombosi emorroidaria, il prolasso rettale, le proctiti, etc possono derivare proprio da queste condizioni.

3.

La stipsi, assieme alla incontinenza fecale, è una delle patologie gastro-intestinali che più comporta una riduzione della qualità di vita.

Ciò determina quindi un certo tasso di assenteismo e una elevata spesa in termini di visite mediche e acquisto di medicinali.

Assenteismo dal lavoro

I soggetti con problematiche funzionali del colon-retto hanno un tasso d’assenteismo dal lavoro, e dallo studio, nettamente superiore rispetto ai soggetti normali.

Si è calcolato che essi perdono in media 12 giornate lavorative ogni anno, e tale misura è circa tre volte superiore rispetto ai soggetti normali.

Anche il rendimento lavorativo è compromesso: più del 9 per cento dei pazienti intervistati, affetti da un sintomo di disfunzione del colon-retto, riferisce di “essere troppo stanco, o ammalato, per eseguire il proprio lavoro”.

Spesa sanitaria

La spesa sanitaria è valutata in termini di visite mediche e di farmacoeconomia.

Visite mediche:

I pazienti con diagnosi di un disordine funzionale del colon-retto richiedono un numero di visite mediche significativamente superiore rispetto ai soggetti normali; inoltre le visite effettuate per problematiche funzionali del colon-retto sono più numerose delle visite effettuate per problematiche funzionali di altri distretti anatomici.

Si calcola che nei soggetti normali vengono effettuate 0.09 visite mediche/anno, nei pazienti con disordini funzionali dell’ano-retto 1.07 visite/anno, nei pazienti con problematiche funzionali esofagee o del grosso intestino 0.81 visite/anno e nei pazienti con disfunzioni gastro-duodenali 1.01 visite/anno.

Farmacoeconomia:

È difficile quantificare la spesa sanitaria per le problematiche funzionali in generale e del colon-retto in particolare.

Milioni di Euro vengono spesi ogni anno per l’acquisto di lassativi: si è calcolato che in Germania e in Gran Bretagna, nel 1990, sono stati spesi 128 milioni di Euro per lassativi acquistati con ricetta medica o come prodotto da banco.

Soluzioni

Inizialmente si può e si deve ritardare l’impiego di farmaci o addirittura evitarlo.

In particolare è possibile:

1. modificare lo stile di vita:

la sedentarietà è il nemico giurato del buon funzionamento intestinale. Quindi, anche se viene ripetuto continuamente, bisogna ribadire che una costante attività fisica aiuta.

Ma non basta!

Ci sono alcuni comportamenti scorretti che, malgrado l’esercizio fisico, impediscono la regolarità: primo, bisogna evitare di rimandare la defecazione e di “trattenersi”, ma occorre provvedere subito ogniqualvolta ne avvertiamo il bisogno (spesso infatti si tende a posticipare perché si è impegnati, non si vuole utilizzare il bagno pubblico o perché si è stressati); secondo, nel momento della defecazione è necessario concedersi un lasso di tempo adeguato per espletare le proprie funzioni corporee “serenamente”.

2. correggere l’alimentazione:

oltre al movimento anche l’alimentazione ha un ruolo fondamentale nel trattamento della stitichezza.

Alcune regole di base: non saltare i pasti (o non limitarsi al panino consumato in piedi), masticare bene e lentamente, bere tanto (circa 2 litri di bevande al dì), mangiare molta frutta (possibilmente con la buccia), consumare molta verdura (meglio se cruda).

Sicuramente l’aumento del contenuto di fibre nella dieta può consentire un apprezzabile miglioramento della stitichezza, soprattutto nei pazienti con forme non ostinate e in assenza di altre malattie intestinali.

Anche lo yogurt, grazie ai fermenti lattici, e il lievito di birra possono essere usati contro la stitichezza.

Alimenti ricchi in fibre:

3. farmaci

Tipi di lassativi:

I lassativi di volume sono costituiti da fibre vegetali che non vengono né digerite né assorbite.

Aumentano pertanto la massa delle feci e stimolano i movimenti dell’intestino favorendo l’evacuazione. Impiegano alcuni giorni per agire e sono soprattutto utili nei pazienti con feci piccole e dure (le cosiddette feci caprine).

L’assunzione di questi prodotti deve accompagnarsi a un’adeguata idratazione, cioè alla assunzione di almeno 2 litri di bevande al dì.

I lassativi di contatto, come la senna, il rabarbaro o il bisacodile, agiscono direttamente sulla mucosa e sulla parete intestinale stimolandone i movimenti e quindi il passaggio delle feci.

Sono lassativi con una azione veloce ma che possono determinare gravi forme di diminuzione del potassio nel sangue e disturbi cardiaci, e alla lunga procurare all’intestino una compromissione dell’attività della muscolatura.

I lassativi emollienti comprendono la paraffina e l’olio di vasellina.

Sono sostanzialmente dei lubrificanti che rendono le feci più soffici e ne favoriscono sia il transito che l’espulsione.

I lassativi osmotici sono farmaci che trattengono i liquidi all’interno  dell’intestino e formano feci più voluminose e più morbide.

In questo modo le feci transitano più rapidamente e vengono espulse con maggiore facilità. Le molecole più conosciute sono il macrogol e il lattulosio.

I probiotici sono prodotti che sono composti da un numero sufficiente di microrganismi (lattobacilli, bifidobatteri) che sono in grado di alterare la microflora intestinale restituendo l’equilibrio.

I prebiotici sono componenti non digeribili del cibo che stimolano la crescita e/o l’attività dei batteri nel colon, in particolari di quelli utili a un buon equilibrio dell’ambiente colico.

I simbiotici sono prodotti includono sia i probiotici che i prebiotici.

I procinetici sono farmaci che esercitano la loro azione su recettori intestinali deputati al controllo della motilità intestinale (recettori serotoninergici).

Una stimolazione di questi recettori, che vengono già attivati da stimoli fisiologici quali il pasto e la distensione viscerale e patologici quali l’infiammazione, lo stress e l’ischemia, determinerà un aumento della peristalsi, cioè della motilità dell’intestino.

Il clistere serve per pulire il tratto distale dell’intestino però, se usati con eccessiva frequenza, possono determinare un aggravamento della patologia emorroidaria o provocare infiammazioni e ferite ano-rettali.

L’efficacia del clistere si basa sullo svuotamento meccanico, sull’irritazione del retto, sull’effetto osmotico e su una stimolazione neuromuscolare colica retrograda.

4. chirurgia

La stipsi da sindrome dell’intestino irritabile non prevede alcuna terapia chirurgica.

La stipsi da atonia colica raramente viene trattata con la resezione chirurgica del colon o di parte di esso.

Si tratta di soluzioni estreme che vengono prese in considerazione solo dopo aver tentato tutte le terapia più o meno invasive a disposizione.

La terapia chirurgica trova invece un suo spazio nella risoluzione della defecazione ostruita. In questo caso infatti, quando l’ostruzione alla defecazione è dovuta a un prolasso rettale che si invagina associandosi o meno a un rettocele o a un enterocele, l’intervento chirurgico può diventare la soluzione migliore.

Nel corso degli anni si sono susseguiti numerosi interventi tendenti a risolvere questo problema: interventi ginecologici, interventi per via addominale e interventi per via transanale.

Interventi ginecologici:

sono interventi che vengono eseguiti per la presenza di un rettocele e, in genere, si associano a isterectomie e/o correzioni di cistocele o interventi per incontinenza urinaria.

Sono operazioni condotte per via vaginale che tendono perlopiù a rinforzare il setto retto-vaginale non tenendo conto del prolasso rettale.

Si bada cioè più all’effetto cosmetico piuttosto che al trattamento della stipsi che anzi, dopo tali trattamenti, tende a peggiorare.

Sono pertanto interventi non idonei al trattamento della stipsi.

Interventi per via addominale:

sono rappresentati soprattutto dalla rettopessi, laparotomica o laparoscopica.

Dopo una incisione addominale e la preparazione chirurgica del viscere, il retto viene riposizionato nella sua sede e fissato all’osso sacro con punti o con l’ausilio di materiale protesico.

A volte, in caso di dolico-colon, può essere necessaria una resezione del colon-retto al fine di evitare un peggioramento della stipsi dovuta alla ridondanza del sigma al di sopra dell’ancoraggio del retto.

Interventi per via transanale:

anche in questo caso esistono numerose tecniche: alcune consistono nel trattamento del prolasso con una semplice plicatura con sutura continua (Block), altre prevedono una plicatura della tunica muscolare del retto (Sarles, Sullivan), altre una asportazione del prolasso con plicatura della parete muscolare del retto (Delorme), infine altre ancora procedono con la resezione del prolasso con suturatrice meccanica.

Concettualmente questi interventi sembrano essere quelli più idonei alla risoluzione della stipsi in considerazione della minore invasività e dei migliori risultati.

STIPSI NEL BAMBINO

La stipsi cronica è una condizione clinica di frequente riscontro in età pediatrica.

Da un punto di vista patogenetico si distingue una forma funzionale che nella sua manifestazione più grave è caratterizzata dalla presenza di encopresi o “soiling” (insudiciamento) e una forma organica, detta malattia di Hirschsprung.

Nella stipsi cronica funzionale lo schema di trattamento prevede:

Pertanto il trattamento della stipsi nel bambino si basa sulla evacuazione delle masse fecali che ristagnano in ampolla rettale, sulla prevenzione del riaccumulo di feci nel retto e nel sigma e sul ricondizionamento del bambino verso abitudini intestinali normali.

CONSEGUENZE DELLA STIPSI

In virtù dei rapporti di contiguità anatomo-funzionale tra i vari componenti del pavimento pelvico e del perineo, la coesistenza di alterazioni di più distretti è la regola quando si affronti il capitolo della patologia pelvi-perineale: ad esempio, è la norma trovare un rettocele da dislocazione associato a prolasso dell’utero e/o a cistocele, così come in alcuni studi è stata documentata una coesistenza di una incontinenza fecale nel 30% circa delle donne con incontinenza urinaria.

Questo risulta intuibile se consideriamo che il pavimento pelvico, che rappresenta il sostegno degli organi deputati alla espulsione delle feci (ano e retto) e dell’urina (uretra e vescica) e alla funzione sessuale e riproduttiva (vagina), è e deve essere visto come un’unica entità anatomica e funzionale.

Il diaframma pelvico, come viene anche chiamato il perineo, presenta infatti un sistema muscolare (il muscolo elevatore dell’ano), una innervazione (n. pudendo) e un rivestimento fasciale (fascia endopelvica), comuni.

La stipsi, per certi versi, può essere considerata la “madre” di molte patologie ano-rettali e uroginecologiche: nel momento in cui l’intero sistema “pavimento pelvico” viene sottoposto a sforzi anomali e ripetuti per una cattiva evacuazione tutto il comparto ne risente sia a livello ano-rettale che pelvico.

Alcune patologie, che vengono trattate anche in altre sezioni, come le emorroidi, la ragade, la proctite (infiammazione del retto), l’ano umido, il prurito anale, il soiling (imbrattamento della biancheria) e in parte le fistole anali, possono fare riferimento a una qualche forma di stipsi.

Infatti la stipsi, con il passare del tempo, può determinare da una parte la formazione di un prolasso rettale e una lacerazione dei legamenti di sostegno dei tessuti anali (legamenti di Parks e Treitz) che favoriscono il prolasso emorroidario; d’altra parte poi questa situazione non potrà che peggiorare ulteriormente la defecazione producendo delle pressioni anomale a carico del canale anale e quindi favorire la formazione di ragadi, di papille anali ipertrofiche e, a volte di fistole.

Un’altra conseguenza della stipsi, soprattutto nelle donne in menopausa dopo diversi parti spontanei, è la sindrome del perineo discendente e disceso.

La differenza tra queste due entità dipende da una condizione di lassità del perineo sotto sforzo nella prima e costante nella seconda, ma in sostanza il danno che ne deriva non varia. Si verifica infatti uno stiramento del nervo pudendo che decorre proprio a ridosso del piano muscolare e che da luogo a una neuropatia. Tale condizione pone le basi per un indebolimento dello sfintere anale e della sua capacità di contenzione.

La conseguenza sarà una forma d’incontinenza di tipo lieve (soiling) che si assocerà spesso a dermatiti perianali e a prurito.

IL PARTO COME CAUSA DI STIPSI

Il parto, pur essendo un evento fisiologico e di pertinenza ostetrica e ginecologica, riguarda abbastanza spesso il colonproctologo per le sue complicanze, immediate o tardive, in particolare legate alla defecazione.

Se la relazione tra parto e incontinenza fecale è intuitiva, soprattutto se correlata alla presenza di lacerazioni perineali coinvolgenti l’apparato sfinteriale anale, ben più sfumato è il rapporto tra dischezia (difficoltà a espellere le feci) e parto.

Si tratta di un tema poco affrontato in letteratura, dato la ridotta rilevanza clinica dei sintomi in giovani donne già molto spesso affette da stipsi cronica; a questo si aggiunge l’assenza di studi prospettici che descrivano il reale peso epidemiologico dell’alterata defecazione a insorgenza post-partum.

Se è molto difficile cogliere l’insorgenza della dischezia nei mesi successivi al parto, ciò non toglie che molte donne in età matura, affette da sindrome del perineo discendente, presentino anamnesticamente il dato di un parto “difficile”, con lacerazioni perineali, che in qualche modo abbia innescato o peggiorato il disordine defecatorio.

Cause

È un’eziopatogenesi estremamente complessa dove si intersecano durante l’atto defecatorio le alterazioni della funzione del retto (difetti della percezione del bolo fecale, ridotta attività contrattile della parete) e l’ostruzione meccanica anorettale.

La complessità patogenetica si concretizza, clinicamente, nel riconoscimento di franche modificazioni morfologiche, quali il rettocele, il prolasso mucoso interno, l’invaginazione rettale, la sindrome dell’ulcera solitaria del retto, inserite nel contesto di due possibili quadri di anomala funzione del pavimento pelvico, la dissinergia del pavimento pelvico e la sindrome del perineo discendente.

Dissinergia addomino-pelvica:

un parto che provochi lacerazioni occulte di strutture muscolari, ligamentose, fasciali, del pavimento pelvico e dei visceri pelvici, può diventare l’innesco del disordine defecatorio. È intuibile come questo evento possa provocare, a ridosso del parto, un’incoordinazione dell’attività integrata dei muscoli durante l’atto defecatorio (elevatore dell’ano nei suoi componenti, sfintere anale esterno), inducendo la dissinergia del pavimento pelvico.

Sindrome del perineo discendente:

colpisce in età più matura, ed è la perdita del tono e dell’elasticità dei muscoli del pavimento pelvico che porta negli anni alla discesa del perineo e all’alterazione del riflesso deputato al ritorno del pavimento pelvico nella posizione di partenza alla fine della fase espulsiva del bolo fecale.

Le valutazioni diagnostiche, morfologiche (defecografia o colpo-cisto-defecografia, RMN) e funzionali (manometria anorettale, studio neurofisiologico del pavimento pelvico), concretizzeranno la diagnosi, ripercuotendosi necessariamente sugli indirizzi terapeutici.

La dissinergia del pavimento pelvico, caratterizzata dalla contrazione paradossa o dal mancato rilasciamento del suo complesso muscolare durante la fase espulsiva dell’atto defecatorio, è considerata il “primum movens” meccanico della defecazione ostruita mentre la patologia proctologica associata ne è la conseguenza.

A questo punto, il trattamento più opportuno, in prima battuta, non potrà che essere riabilitativo e la opzione chirurgica (del rettocele, della invaginazione retto-anale, del prolasso mucoso interno) dovrà essere riservata solo a quei casi in cui la dischezia sia presumibilmente causata dalle alterazioni morfologiche, ormai irreversibili, confermate dalla defecografia di controllo post-riabilitativa.

Analoga considerazione coinvolge la sindrome del perineo discendente

In particolare, il trattamento riabilitativo mirerà a ripristinare l’attivazione sequenziale, coordinata e sinergica dei sistemi muscolari pelvi-perineali preposti alla funzione defecatoria, globalmente intesa sia nell’aspetto della continenza quanto in quello dell’evacuazione.

Gli obiettivi riabilitativi saranno raggiunti tramite una riabilitazione bimodale che utilizza, in un modulo ben codificato, chinesiterapia pelvi-perineale e biofeedback.

L’applicazione di questo modello riabilitativo offre un’alta percentuale di successi (87%).

Al miglioramento del numero delle defecazioni si associa l’eliminazione dell’evacuazione digitale e la pressoché totale scomparsa di defecazioni evocate da clisterini o supposte di glicerina.