Biofeedback

Il termine Biofeedback  (BFB)  risulta dalla combinazione dei termini inglesi “biological” e “feedback” (retroazione biologica), che esprimono il concetto base di un sistema in grado di fornire informazioni riguardanti processi biologici non  sufficientemente coscientizzati.

Il BFB è quindi un mezzo in grado di registrare alcune attività fisiologiche non apprezzabili a livello cosciente in condizioni normali o divenute tali per un processo patologico.

Questo meccanismo è basato sul fatto che parte dell’apprendimento delle funzioni motorie è secondario alla capacità, da parte del sistema nervoso centrale, di utilizzare integrare e trasformare informazioni provenienti da più modalità sensitive.

Quindi per il paziente è importante verificare, sotto forma di un riscontro tattile o visivo, di un tracciato o di un suono, il risultato della contrazione muscolare. Infatti la conoscenza immediata, semplificata e quantificata dell’errore, permette, all’atto seguente, di predisporre una diversa strategia che consenta di raggiungere l’obiettivo.   

Il metodo si fonda su tre processi di apprendimento:

  1. amplificazione e trasformazione di un segnale biologico difficilmente o non più disponibile in una traccia visiva o sonora istantaneamente disponibile per il soggetto.
  2. dimostrazione alla persona affetta da incontinenza che è possibile, con un atto volontario, modificare, attenuare, accentuare, modulare questa traccia.
  3. automatizzazione della funzione appresa e sua contestualizzazione nella vita quotidiana.

Il biofeedback si avvale di sonde superficiali o endocavitarie, endoanali o endovaginali, elettromiografiche o monometriche.

Un primo impiego della metodica si inizia già durante la chinesiterapia quando, durante la presa di coscienza del pavimento pelvico, si incoraggia la persona affetta da incontinenza a verificare con sensazioni tattili o visive (specchio) l’effetto degli esercizi proposti. Anche nel caso del biofeedback è fondamentale l’intesa tra paziente e operatore.

È importante infatti incoraggiare e fornire gratificazioni per i risultati ottenuti e incitare al miglioramento.  

L’utilizzo delle sonde endocavitarie prevede la possibilità di registrazione elettromiografica dell’attività elettrica che accompagna il reclutamento muscolare e il rilevamento manometrico delle variazioni di pressione che si verificano all’interno della vagina o del canale anale durante la contrazione dei muscoli del pavimento pelvico.

La tecnica elettromiografica prevede inizialmente il potenziamento della presa di coscienza del piano perineale, già iniziata con la chinesiterapia.

Tale area anatomica risulta poco rappresentata a livello corticale e vengono appresi schemi motori che permettono la contrazione e/o il rilassamento elettivo di certi gruppi muscolari rispetto ad altri.

Cioè si deve far capire al paziente quali siano le strutture muscolari su cui si deve concentrare, sia per attivarle sia per rilassarle.

Il biofeedback manometrico invece serve oltre che per la rieducazione sfinteriale anche per la rieducazione sensitiva rettale.

In quest’ultimo caso si utilizzano delle sonde dotate di palloncino che viene gonfiato dall’esterno erogando stimoli volumetrici crescenti o decrescenti a livello dell’ampolla rettale.

Il paziente impara a riconoscere sul monitor il segnale corrispondente ai valori esistenti a livello dell’ampolla rettale e del proprio canale anale e verifica quali manovre o situazioni sono in grado di modificarle nel senso voluto (concentrazione, respirazione, contrazione dei muscoli della parete addominale, contrazione dell’elevatore dell’ano).

In questo modo è possibile migliorare la sensibilità ano-rettale, la risposta motoria sfinteriale allo stimolo a partenza endorettale e la coordinazione retto-sfinterica.

Una volta terminata la presa di coscienza si comincia l’azione di rinforzo muscolare sia intermini di forza contrattile che di resistenza. La traccia stimola la contrazione muscolare con esercizi con grado di difficoltà crescente.

È possibile differenziare la contrazione tonica e quella fasica. Ad es. nel caso di deficit delle fibre toniche, le fibre fasiche tentano di vicariare il ridotto reclutamento ma determinano una morfologia della traccia detta a dente di sega.

Quando invece è presente l’nversione di comando, è necessario ricorrere a un doppio monitoraggio (a livello del pavimento pelvico e a livello dei muscoli addominali): alla richiesta di contrarre il pavimento pelvico si rileva quasi una inibizione di reclutamento dei muscoli del pavimento pelvico, mentre si osserva un contemporaneo aumento d’ampiezza della traccia relativa ai muscoli addominali.

In questo caso il trattamento riabilitativo ha come obiettivo il controllo della contrazione del pavimento pelvico, con una contrazione addominale accettabile.

Nella sindrome da ostruita defecazione, in particolare nel caso della contrazione paradossa del muscolo puborettale, è presente una eccessiva contrazione del muscolo che accentua l’angolo ano-rettale soprattutto nella fase di spinta evacuatica.

Il paziente avverte quindi una forma di stipsi legata al mancato rilasciamento dei muscoli del pavimento pelvico. In altri casi il quadro clinico è più lieve pur essendo presente una forma di dissinergia addomino-pelvica, cioè un rilasciamento incompleto durante il ponzamento.

Il biofeedback mostrando il mancato rilasciamento o la contrazione quando invece il paziente è convinto di rilasciare pone le basi per una correzione della disfunzione anorettale.

A volte invece il mancato rilasciamento muscolare è dovuto ad alterazioni della sensibilità rettale: manca il desiderio di defecare.

Questo è della massima importanza nel favorire il rilasciamento perianale perché, in assenza di questo, l’aumento di pressione endoaddominale conseguente allo sforzo per evacuare si traduce nell’attivazione della muscolatura sfinteriale, impedendo di fatto la defecazione.

Il biofeedback può effettuare un ricondizionamento della defecazione riflessa che avviene rinforzando le vie afferenti con il miglioramento della sensazione ano-rettale: ciò si ottiene con stimoli in ampolla rettale cercando di riprodurre la condizione della defecazione fisiologica.