Intervento per Emorroidi
Qual è la finalità dell'intervento?
L’intervento per emorroidi è indicato per le emorroidi di 3° e 4° grado e per tutti i casi di recidiva dopo trattamenti ambulatoriali o chirurgici.
Si possono distinguere l’emorroidectomia aperta, l’emorroidectomia chiusa e l’emorroidopessi con stapler.
Nell’emorroidectomia aperta “classica”, cioè secondo la tecnica di Milligan-Morgan, lo scopo dell’intervento è quello di asportare i gavoccioli emorroidari in corrispondenza dei tre peduncoli vascolari principali (laterale sinistro, posteriore destro, anteriore destro), partendo dalla cute perianale per risalire nel canale anale fino a raggiungere il retto. In questo modo si rimuovono le emorroidi e il prolasso mucoso rettale, quasi sempre associato.
Nella fase di dissezione è importante preservare gli sfinteri anali, quello interno in particolare, perché una loro lesione potrebbe compromettere il tono anale. Inoltre si deve porre molta cura nell’eseguire l’emostasi, cioè il controllo del sanguinamento, e nel lasciare tra le ferite ponti di ano-derma, detti ponti mucosi, intatti per evitare complicanze post-operatorie, come l’emorragia e la stenosi anale.
Si può utilizzare anche la tecnica di Ferguson, cosiddetta “chiusa”, che prevede la dissezione dei gavoccioli emorroidari e la riparazione delle ferite con suture in continua partendo dall’apice del tessuto escisso e terminando sulla parte esterna.
Nel gruppo dell’emorroidectomie chiuse esiste un ulteriore tecnica ideata da Parks, detta anche emorroidectomia sottomucosa.
Si tratta di un intervento leggermente più complesso che comporta l’asportazione del solo tessuto vascolare, dopo averlo liberato dalla mucosa e dal piano muscolare e averlo legato all’apice.
Il risparmio dell’epitelio mucoso permette una buona ricostruzione dei tessuti attraverso la sutura dei lembi residui.
Le varianti che nel corso degli anni sono state proposte riguardano alcuni aspetti tecnici: la dissezione del tessuto con elettrobisturi, laser o radiofrequenze, la legatura o meno del peduncolo emorroidario all’apice, etc.
Tutte le tecniche portano a buoni risultati e lo scopo di queste innovazioni è rivolto soprattutto al controllo del dolore post-operatorio.



L’emorroidopessi secondo Longo, nata nel 1993, non è una reale escissione delle emorroidi, ma un metodo per correggere il prolasso mucoso associato alle emorroidi.
La tecnica consiste nell’applicazione di una sutura circolare sottomucosa, a borsa di tabacco, a monte dell’anello ano-rettale e nell’escissione di una colonna mucosa con una stapler circolare.
Per eseguire tale tecnica esiste un kit dedicato (Ethicon Endo-Surgery) che permette una sua buona standardizzazione: è composto da un dilatatore anale (circular anal dilator, detto CAD), da un anoscopio fenestrato e da una suturatrice circolare il cui diametro è di 33mm.
Dopo aver posizionato e fissato il CAD, si ottiene un’ottima visione della regione ano-rettale e del prolasso.
Si introduce l’anoscopio che stira la mucosa della parte inferiore del retto e consente al chirurgo di applicare una sutura a borsa di tabacco circa 4 cm al di sopra della linea pettinata usando un filo non riassorbibile 2/0.
Dopo aver terminato la sutura circolare e quindi aver raggiunto il punto da cui si era partiti, si introduce la stapler completamente aperta in modo che la testina oltrepassi la sutura circolare e si stringe la borsa di tabacco intorno allo stelo dello strumento.
A questo punto si trazionano i fili della sutura facendoli passare attraverso due appositi canali e si comincia a chiudere lo strumento. In questo modo testina e incudine si avvicinano inglobando il tessuto che verrà escisso. Dopo aver stretto il manipolo si aziona la leva del dispositivo che taglia e cuce contemporaneamente rimuovendo il prolasso e lasciando una sutura circolare a circa 2 cm dalla linea dentata.
Nella donna è importante palpare la parete vaginale posteriore durante la chiusura della stapler per evitare d’includere del tessuto vaginale nel resecato e porre le basi per una fistola retto-vaginale.
Inoltre dopo la rimozione della suturatrice è fondamentale curare meticolosamente l’emostasi apponendo punti di sutura emostatici ove necessario.



La THD (dearterializzazione emorroidaria transanale) è una tecnica che prevede l’individuazione delle arterie emorroidarie mediante sonda Doppler e la loro legatura a livello del retto basso.
In genere si esegue la dearterializzazione di 6 arterie. In tal modo si riduce l’afflusso di sangue alle emorroidi che di conseguenza si riducono.
Nei pazienti con prolasso muco-emorroidario può essere realizzata una mucopessia.
Qual è la preparazione prima dell'intervento?
Si accede in ospedale il giorno prima o la mattina stessa dell’intervento.
È importante una pulizia intestinale e un clistere alcune ore prima di essere operati. Questo allo scopo di operare su un terreno privo di feci per evitare infezioni.
Si devono eseguire gli esami pre-operatori di routine (Rx torace, ecg e visita cardiologica ed esami ematici) e un videat anestesiologico.
Cosa succede dopo l'intervento?
Si esce dalla sala operatoria con una medicazione anale interna ed esterna per controllare eventuali sanguinamenti e/o secrezioni post-operatorie, peraltro normali in piccole quantità.
Questo potrà essere leggermente fastidioso perché la medicazione interna potrebbe dare la sensazione di dover evacuare (anche se è bene non farlo nelle prime ore!).
Circa due ore dopo l’intervento è possibile cominciare a deambulare ed espletare le proprie funzioni fisiologiche.
La sera stessa si osserverà una dieta idrica e dal giorno successivo si tornerà a una alimentazione normale.
Il giorno dopo l’intervento si incoraggia un bagno e una accurata pulizia locale.
Si verificano spesso dei sanguinamenti, in genere modesti, che però sono per lo più normali. Potranno essere presenti dei punti di sutura nella regione perianale che cadranno da soli entro due settimane.
Gli accorgimenti farmacologici e di tecnica adottati generalmente garantiscono un decorso post-operatorio molto accettabile che è di gran lunga meno doloroso rispetto ad alcuni decenni fa. Viene comunque prevista una copertura analgesica che è personalizzata in base alle esigenze del paziente.
Dal giorno dopo l’intervento viene somministrato un lassativo che permette una evacuazione soffice entro 12 ore. Al momento della evacuazione vi sarà un modesto dolore, dovuto alla presenza di ferite anali o rettali, e una piccola emorragia.
Sono previsti degli analgesici al bisogno. Pertanto, se si è sensibili, è consigliabile assumere un antidolorifico circa 15-20 min. prima della evacuazione per mitigarne gli effetti.
Quanto si deve rimanere ricoverati?
Il periodo di ricovero può variare da 24 ore a circa tre giorni a seconda del paziente, della tecnica utilizzata e della gravità della malattia.
In generale si attende sempre che il paziente abbia espletato la sua prima evacuazione.
Come ci si comporta a casa?
È fondamentale la pulizia della regione operata con saponi delicati e getto forte di acqua.
È molto meno traumatico asciugarsi con panni morbidi tamponando solamente.
È altrettanto fondamentale mantenere una evacuazione regolare e morbida. Ciò si ottiene con lassativi di volume a base di fibre e un apporto idrico o di altre bevande (tè, caffè, succhi di frutta, minestre, etc) di almeno 1,5- 2 lt al dì. Non ci sono restrizioni alimentari, anche se è auspicabile una dieta leggera non speziata, con pochi condimenti e non troppo elaborata.
È consigliabile del moto senza sollevare pesi, evitando una stazione eretta o seduta prolungata.
In caso di sanguinamenti è consigliabile effettuare dei semicupi con acqua fredda. Se questi dovessero essere eccessivi è obbligatorio rivolgersi al proprio Medico.
Quali sono le complicanze dell'intervento?
La complicanza più frequente per tutti gli interventi per emorroidi è il sanguinamento post-operatorio (1-2% dei casi). In rari casi, se prima dell’ operazione vi era una debolezza dei muscoli anali con piccole perdite di gas o di liquidi dall’ ano, può residuare una forma d’incontinenza che però è risolvibile con una riabilitazione del pavimento pelvico.
In ogni caso, in presenza di questa predisposizione è necessario comunicarlo al chirurgo prima d’intraprendere l’intervento.
Nelle emorroidectomie è possibile il verificarsi di un restringimento del tratto ano-rettale per un eccessiva asportazione di tessuto e per l’insufficiente quantità e qualità dei ponti mucosi, o per un eccesso di cicatrizzazione.
Nel caso dell’emorroidopessi raramente nel post-operatorio si possono verificare una trombosi emorroidaria, una ragade, e ancora più di rado, una fistola retto-vaginale. A volte i punti metallici, che generalmente cadono da soli e vengono eliminati con la defecazione dopo alcune settimane, restano in sede anche per lungo tempo ma senza particolari problemi. Solo in pochi casi si formeranno dei granulomi che è necessario rimuovere chirurgicamente.
Relativamente frequente è la cosiddetta “incontinenza da urgenza” che si manifesta come la necessità di evacuare in fretta quando si avverte lo stimolo con la sensazione di non poter trattenere.
Questo disturbo, reversibile in alcune settimane, non è legato con la funzione sfinteriale ma è dovuto alla ridotta capacità rettale, esito post-operatorio dopo “l’accorciamento” del retto.
Eccezionalmente si può verificare un restringimento del retto che necessita di dilatazioni o d’intervento chirurgico.
Quando si può riprendere il lavoro?
Il tempo necessario per riprendere la propria attività lavorativa è molto variabile e dipende dal tipo di lavoro, dal tipo d’intervento subito e dalla comparsa di eventuali complicanze.
In generale si riprende una vita normale entro 15 giorni. Si deve comunque tenere presente che ci sono dei tempi di recupero del proprio fisico che non bisogna ignorare, al di là di ciò che uno si sente di poter fare. Per accelerare i tempi si consiglia una rapida ripresa delle piccole occupazioni quotidiane e una progressiva attività motoria.
Sono invece da evitare, fino alla guarigione delle ferite perianali, il nuoto, il ciclismo e la guida di auto o moto.
Le emorroidi possono tornare?
Sfortunatamente, l’aver subito un intervento di emorroidectomia non mette al riparo da eventuali recidive.
In una persona che ha già avuto emorroidi esiste la tendenza a sviluppare questa malattia, quindi occorre in futuro mettersi in condizione che ciò non si verifichi più. Per fare questo è necessario evitare la stitichezza assumendo fibre sotto forma di cereali, frutta e verdure.
Le fibre infatti, non essendo completamente assorbite dall’ intestino, costituiscono la struttura delle feci che si manterranno tanto più morbide quanto maggiore sarà stata l’assunzione di fibre alimentari. Se l’apporto di fibre con l’alimentazione non dovesse essere sufficiente è utile integrare con dei prodotti farmacologici una bustina prima di colazione.
È inoltre fondamentale assumere almeno 1,5 -2 litri di liquidi al giorno (acqua, tè, tisane, caffè, minestre, succhi di frutta, etc). Laddove fosse necessario sarà bene rivolgersi a un nutrizionista.
Intervento per Prolasso Rettale, Rettocele, Invaginazione Retto-anale
Qual è la finalità dell'intervento?
Esistono varie procedure per trattare chirurgicamente il prolasso rettale. Si distinguono gli interventi per via addominale e gli interventi per via perineale. La rettopessi con o senza resezione del sigma è la tecnica addominale più eseguita.
Tra gli interventi perineali invece le tecniche utilizzabili sono l’intervento di Delorme, l’intervento di Altemeier e la STARR.
Rettopessi: la tecnica prevede una incisione addominale, la preparazione del retto, la sua mobilizzazione dal sacro e il suo ancoraggio con o senza materiale protesico, riposizionandolo nella sua sede originaria. Le varianti di tecnica, apparse negli anni, consistono soprattutto nel modo di fissare il retto: posteriormente o anteriormente con semplici suture o con l’ausilio di materiale protesico (Marlez mesh, Ivalon sponge) o tessuti autologhi (es. la fascia lata).
L’eventuale resezione retto-colica permette di evitare la curvatura del sigma, spesso causa di stipsi post-operatoria.
STARR: la resezione del retto con doppia stapler (Stapled Transanal Rectal Resection, STARR) rappresenta l’evoluzione della anopessi con singola stapler secondo Longo.
I vantaggi teorici della STARR sono innumerevoli: permette di correggere sia il rettocele che il prolasso rettale o l’intussuscezione con un unico e semplice approccio perineale; i tempi operatori e di degenza sono brevi e il dolore post-operatorio è ridotto; si evitano sia la plastica degli elevatori sia le ferite addominali o vaginali.
La tecnica consiste nel posizionamento di un dilatatore anale circolare (CAD) attraverso il quale in due tempi si procede alla preparazione del prolasso con borse semicircolari o punti trattori e, dopo aver introdotto lo strumento PPH01, alla resezione del prolasso, lasciando in sede una anastomosi retto-rettale circolare.
Intervento di Delorme
La tecnica consiste nella resezione della mucosa rettale circonferenzialmente separandola dallo strato muscolare sottostante. Alla fine della dissezione il cilindro mucoso ottenuto viene resecato.
La ricostruzione avviene con punti assorbibili inseriti più volte nello strato muscolare (“concertina”) partendo dal vertice della dissezione fino alla linea dentata. I punti vengono legati e si procede all’anastomosi muco-mucosa a punti staccati.


Intervento di Altemeier
Con la tecnica di Altemeier il prolasso viene asportato a tutto spessore con una incisione 2 cm al di sopra della linea dentata.
Il retto e il colon sono mobilizzati con le relative legature vascolari e l’apertura del peritoneo. Dopo aver rimosso il tessuto prolassato si procede all’anastomosi retto-colica a mano o con suturatici meccaniche.
In genere si associa una plastica dei muscoli elevatori dell’ano.
Qual è la preparazione prima dell'intervento?
Non c’è una preparazione specifica oltre agli esami pre-operatori di routine e una preparazione intestinale.
Cosa succede dopo l'intervento?
Nel caso d’intervento addominale il decorso sarà quello di tutte le laparotomie. Per gli interventi perineali sarà presente una medicazione in corrispondenza della ferita perianale e una spugna emostatica nel canale anale.
Questo potrà generare un certo discomfort e il desiderio di evacuare. Verranno prescritti antidolorifici e antibiotici.
Una volta completamente coscienti sarà permesso assumere liquidi per os e, dopo aver riacquistato il controllo delle gambe, sarà possibile alzarsi.
Si somministrano lassativi per incoraggiare la prima evacuazione dopo 24 ore dall’intervento. A volte si possono verificare dolore ed emorragie, anche importanti, dopo le prime defecazioni. Per tale motivo si prescrivono antidolorifici.
Quanto si deve rimanere ricoverati?
La durata della degenza è variabile da due a cinque giorni in base alle condizioni del paziente per gli interventi per via perineale. Dopo approccio addominale le degenza è di circa 8-10 giorni.
Si tende ad aspettare la prima evacuazione prima di dimettere il paziente.
Quali sono le complicanze dell'intervento?
Nella rettopessi per via addominale la recidiva del prolasso è piuttosto bassa (0-3%).
La complicanza più temibile è la stipsi che si può presentare fino alla metà dei casi operati.
Nel caso si decida per una resezione del retto-sigma associata si devono tenere in considerazioni tutte le complicanze associate alla chirurgia recettiva del colon.
Nell’intervento di Delorme il problema più frequente è rappresentato dalla recidiva del prolasso che varia dal 5 al 20%.
Dopo l’intervento inoltre ci può essere un incremento del numero di evacuazioni dovuto alla riduzione della capacità dell’ampolla rettale.
L’intervento di Altemeier è gravato da una percentuale di recidiva del 10%.
In questi casi pre-operatoriamente è spesso presente una incontinenza fecale che migliora di circa il 50% dopo l’operazione.
Infine la STARR, in base ai dati del registro italiano su 1063 casi, è gravata da alcune complicanze, alcune generiche e altre specifiche di questo intervento: ritenzione urinaria nel 8.8%, sanguinamento nel 3.5%, dolore nel 8.4%, deiscenza-stenosi della sutura nello 0.5%, febbre nel 3.7%, urgenza defecatoria nel 15.3% e incontinenza fecale nel 0.1%.
Quando si può riprendere il lavoro?
Il tempo necessario per riprendere la propria attività lavorativa è molto variabile e dipende dal tipo di lavoro, dal tipo d’intervento subito e dalla comparsa di eventuali complicanze.
In generale si riprende una vita normale entro 15-20 giorni.
Si deve comunque tenere presente che ci sono dei tempi di recupero del proprio fisico che non bisogna ignorare, al di là di ciò che uno si sente di poter fare.
Per accelerare i tempi si consiglia una rapida ripresa delle piccole occupazioni quotidiane e una progressiva attività motoria.
Sono invece da evitare, fino alla guarigione delle ferite perianali, il nuoto, il ciclismo e la guida di auto o moto.
Quale intervento scegliere?
Naturalmente il chirurgo sulla base dell’età, del sesso e del tipo di patologia saprà consigliare l’intervento più adatto.
Tuttavia nella giovane età il dilemma risiede nella scelta tra un intervento addominale che garantisce di più dal punto di vista della bassa percentuale di recidiva ma è gravato dal problema della ferita poco estetica, dalla stipsi e, nel maschio, da possibili postumi sulla funzione sessuale; e dall’altra un intervento perineale che è meno invasivo ma presenta alte percentuali di recidiva.
Nell’anziano invece si preferiscono interventi per via perineale e in particolare l’intervento di Altemeier.
La STARR da un certo punto di vista concilia la necessità di un intervento radicale e il relativamente basso tasso di complicanze.
Intervento per Fistola Anale
Qual è la finalità dell'intervento?
Lo scopo dell’intervento è quello di asportare la fistola con il tessuto infetto, permettendo la guarigione della ferita dalla profondità alla superficie e prevenendo la formazione di sacche infette residue.
Il problema nasce nel punto di passaggio della fistola attraverso gli sfinteri. Se la fistola è intersfinterica si precede alla sfinterotomia interna fino alla cripta patologica.
Nelle fistole transsfinteriche basse è lecito il sacrificio di una piccola parte dello sfintere esterno.

A volte, nelle fistole transsfinteriche medio-alte, per evitare un immediato sacrificio di tessuto muscolare, viene inserito un filo, chiamato "setone", nel passaggio intramuscolare della fistola. Questo ha lo scopo di non interrompere lo sfintere anale immediatamente ma di ottenere una sezione graduale del muscolo anale e una altrettanto graduale riparazione spontanea del tessuto

Altra tecnica è la copertura dell'orifizio interno con un "flap" di avanzamento, adeguatamente vascolarizzato
La guarigione delle ferite è un processo lento che può durare settimane o mesi.
È difficile prevedere i tempi di chiusura di queste ferite
Qual è la preparazione prima dell'intervento?
Non c’è una preparazione specifica oltre agli esami pre-operatori di routine e una preparazione intestinale.
Nel caso di secrezioni purulente può essere utile una terapia antibiotica pre-operatoria.
Cosa succede dopo l'intervento?
Dopo l’intervento sarà presente una medicazione in corrispondenza della ferita perianale e una spugna emostatica nel canale anale. Questo potrà generare un certo discomfort e il desiderio di evacuare.
Verranno prescritti antidolorifici e antibiotici.
Una volta completamente coscienti sarà permesso assumere liquidi per os e, dopo aver riacquistato il controllo delle gambe, sarà possibile alzarsi.
Si somministrano lassativi per incoraggiare la prima evacuazione dopo 24 ore dall’intervento.
A volte si possono verificare dolore ed emorragie, anche importanti, dopo le prime defecazioni.
Per tale motivo si prescrivono antidolorifici.
La gestione della medicazione è cruciale per il buon esito dell’intervento.
Inizialmente occorrerà pulire la ferita anche due volte al giorno. In particolare, dopo le evacuazioni, è fondamentale medicare con docce mirate e disinfezione.
La guarigione della ferita deve avvenire dalla profondità alla superficie e quindi occorre mantenere aperta la ferita con garze medicate.
Inoltre, per evitare di lasciare in sede delle aree di tessuto infetto, è utile sbrigliare tutta la ferita, anche con il dito, e provvedere a una buona disinfezione locale. Con il passare del tempo le sedute di medicazioni saranno meno frequenti fino alla guarigione definitiva.
Se è presente il setone, oltre alla medicazione della ferita è opportuno procedere, a ogni seduta, alla trazione del filo per facilitare la sezione muscolare.
La ferita lasciata aperta secerne comunque del liquido sieroso, siero-ematico o francamente ematico, spesso imbrattato da materiale fecale.
È pertanto necessario l’utilizzo di assorbenti a contatto con la ferita e l’applicazione di pomate dermo-protettive per prevenire e curare le dermatiti reattive al contatto con queste secrezioni.
Quanto si deve rimanere ricoverati?
La durata della degenza è variabile in base all’ampiezza della ferita, alle condizioni del paziente e alla necessità di effettuare le prime medicazioni in sedazione.
Pertanto il ricovero può durare mediamente da due a sette giorni.
Quali sono le complicanze dell'intervento?
L’incontinenza fecale, quasi sempre temporanea e sotto forma di soiling (lieve imbrattamento della biancheria intima) o scarso controllo dei gas, è una complicanza specifica della chirurgia delle fistole anali che incide per circa il 10-50% dei casi.
L’incidenza d’incontinenza dipende: dalla complessità della fistola e dalla percentuale di sfintere coinvolto (minore per le intersfinteriche e transsfinteriche basse; maggiore per le transsfinteriche medio-alte e le soprasfinteriche), dalla tecnica utilizzata e dall’esperienza del chirurgo. Non ci sono invece correlazioni tra incontinenza post-operatoria ed età.
Nei casi in cui persiste il problema, una volta portata a termine la guarigione della ferita, si esegue un ciclo di rieducazione sfinteriale con elettrostimolazioni e biofeedback.
Infine, come complicanza aspecifica ma comune a tutta la chirurgia proctologica, si può verificare una emorragia, sia precoce che tardiva, dovuta alla necessità di lasciare la ferita aperta e quindi soggetta a traumatismi e contaminazione.
In questi casi si eseguono dei lavaggi con acqua fredda e si applica del ghiaccio sulla sede dell’intervento. A volte possono essere prescritti farmaci che favoriscono la coagulazione e devono essere interrotti trattamenti con anticoagulanti e antiaggreganti.
Raramente è necessaria una emostasi chirurgica.
Quando si può riprendere il lavoro?
I tempi di guarigione della ferita dipendono dalla loro estensione e dalla qualità delle medicazioni.
È quindi difficile prevedere i tempi di recupero e di ripresa lavorativa che rimangono comunque molto soggettivi e dipendono dal tipo di attività svolta.
Mediamente la chiusura della ferita avviene in 20-30gg. Però, se è presente il setone i tempi si allungano.
Si sconsiglia invece la pratica sportiva, anche non agonistica, per almeno 40-60gg e qualsiasi attività in piscina per l’effetto negativo del cloro sulla cicatrizzazione e per i rischio di contrarre o trasmettere infezioni.
Sarà comunque necessario continuare a portare una medicazione finché la ferita non risulterà completamente guarita.
Occorrerà evitare camminate eccessive e/o eccessi di sedentarietà fino alla definitiva cicatrizzazione.
Durante la convalescenza si dovranno evitare abiti stretti sulla sede dell’intervento.
La fistola può tornare?
La percentuale di recidiva di una fistola è di circa il 4-8%.
Le variabili che favoriscono una recidiva sono prevalentemente di tipo tecnico e dipendono dalle condizioni di partenza della patologia: è importante l’identificazione dell’orifizio interno della fistola in corso d’intervento e la sua localizzazione; le fistole più complesse o già recidive sono maggiormente soggette a ripresentarsi; l’esperienza del chirurgo è decisiva.
Non c’è invece correlazione con il tipo d’intervento effettuato.
Intervento per Incontinenza Fecale
Qual è la finalità dell'intervento?
Il trattamento chirurgico dell’incontinenza fecale si può dividere in procedure destinate alla riparazione di un difetto sfinteriale, conseguenza del parto o di un pregresso intervento chirurgico, e interventi di plicatura dei muscoli del pavimento pelvico, nel caso in cui il difetto sia di tipo neurogeno.
Infine, quando altre tecniche hanno fallito ci sono varie tecniche che prevedono la sostituzione dell’apparato sfinteriale con trasposizioni muscolari, con anelli intorno all’ano e con l’uso di sfintere artificiale.
La sfinteroplastica anteriore: l’intervento, attraverso una incisione tra ano e vagina, procede con la preparazione dello sfintere anale interno ed esterno, l’apertura dello spazio intersfinterico e con l’individuazione del difetto muscolare.
Una volta identificati i margini del difetto sfinteriale si procede alla loro sutura con sovrapposizione (tecnica di overlapping). Per completare la riparazione si può associare una sutura del muscolo elevatore dell’ano (anterior levatorplasy).

Post-anal repair: lo scopo dell’intervento è quello di ripristinare il normale angolo ano-rettale, normalmente acuto. Dopo l’incisione curvilinea a circa 5 cm dall’ano posteriormente, si separano le fibre dello sfintere interno dallo sfintere esterno fino a raggiungere il muscolo puborettale. A questo punto si effettua una plicatura del muscolo del pavimento pelvico con alcuni punti atti ad acutizzare l’angolo anorettale.

Qual è la preparazione prima dell'intervento?
Sono necessari una pulizia intestinale, i normali esami pre-operatori e un colloquio con l’anestesista.
Cosa succede dopo l'intervento?
Dopo l’intervento sarà presente una medicazione in corrispondenza della ferita perianale e una spugna emostatica nel canale anale. Questo potrà generare un certo discomfort e il desiderio di evacuare.
Verranno prescritti antidolorifici e antibiotici.
Una volta completamente coscienti sarà permesso assumere liquidi per os e, dopo aver riacquistato il controllo delle gambe, sarà possibile alzarsi.
Si somministrano lassativi per incoraggiare la prima evacuazione dopo 48 ore dall’intervento. A volte si possono verificare dolore ed emorragie, anche importanti, dopo le prime defecazioni.
Per tale motivo si prescrivono antidolorifici, eventualmente 15-20 minuti prima di evacuare. Durante l’evacuazione è bene non spingere eccessivamente, pertanto è indispensabile ammorbidire le feci con lassativi.
La ferita perineale è suturata con punti riassorbibili che non necessitano di essere rimossi perché cadono da soli. In ogni caso occorre assicurare una buona igiene e una regolare pulizia della ferita.
Per questo è buona norma cambiare la medicazione dopo ogni evacuazione.
Quanto si deve rimanere ricoverati?
In genere si rimane ricoverati per 5-7 giorni, anche se il periodo di degenza è molto variabile.
Quali sono i risultati dell'intervento?
Inizialmente i risultati della sfinteroplastica anteriore e del post-anal repair sono soddisfacenti con il ritorno alla continenza in circa l’80% dei pazienti.
Purtroppo i risultati a distanza di alcuni anni sono alquanto deludenti per il progressivo peggioramento della capacità contenitiva.
I risultati peggiori si ottengono nei casi in cui la causa dell’incontinenza è di origine neurogena o mista.
Quando si può riprendere il lavoro?
È variabile. In genere l’assenza dal lavoro dura poche settimane ma questo dipende dal tipo di attività che si svolge.