Con il termine “Chirurgia di giorno” (day surgery) s’intende la possibilità clinica, organizzativa e amministrativa delle strutture sanitarie di effettuare interventi chirurgici, procedure diagnostiche e/o terapeutiche invasive o semi-invasive in regime di ricovero limitato alle sole ore di giorno.
Tali attività sono praticabili in anestesia locale, loco-regionale, generale e/o in analgesia.
Il ricovero ha una durata inferiore alle 12 ore ed è riservato a pazienti che necessitano di trattamenti non eseguibili in regime ambulatoriale, in quanto richiedono un’osservazione medica e infermieristica protratta nell’arco della giornata.
Selezione dei pazienti:
Considerazioni sociali: non è saggio offrire un intervento in day-surgery a un paziente che vive a una distanza superiore a un’ora di viaggio dove non sia disponibile il trasporto in ambulanza, se necessario; il paziente non deve vivere da solo e deve essere accompagnato in ospedale da una persona che se ne deve prendere cura per almeno 24 ore; è necessario il telefono in casa; è utile un bagno in casa; è importante avere la collaborazione del medico di famiglia.
Considerazioni anamnestiche: non sono idonei alla day surgery i pazienti con habitus ansioso/apprensivo o isterico per problemi di collaborazione e a uomini anziani con ipertrofia prostatica per il rischio di ritenzione urinaria post-operatoria.
Anestesia: Non tutti i pazienti sono adatti all’anestesia in day-surgery. I pazienti dovrebbero rientrare nel grado ASA I e II (grado di rischio anestesiologico), cioè rischio basso.
A livello anamnestico non ci dovrebbero essere precedenti reazioni avverse ad anestetici.
Gli obesi pongono particolari difficoltà anestesiologiche quindi la BMI (body mass index) dovrebbe essere inferiore a 30.
La chirurgia in day-hospital necessita di una anestesia relativamente profonda o, almeno, di una profonda analgesia. Comunemente si usa una anestesia generale unita a un blocco anestetico locale.
Nel tentativo di superare gli effetti collaterali dell’anestesia generale, sono state descritte molte tecniche di anestesia regionale: l’anestesia spinale, l’anestesia caudale e il blocco perineale posteriore.
Analgesia post-operatoria: la principale sfida della proctologia in regime di day-surgery è il successo del controllo del dolore post-operatorio. In genere il dolore è fluttuante: è peggiore nei primi giorni dopo l’intervento, soprattutto dopo la prima defecazione, e decresce dopo il 4°-5° giorno.
Questo viene controllato dalla assunzione di farmaci analgesici: ketorolac, paracetamolo, diclofenac. Sono stati utilizzati anche oppiacei, che però possono provocare nausea, vomito, stipsi e ritenzione urinaria; tramadolo, un simil-oppiaceo, ha un effetto meno costipante e meno deprimente sul centro del respiro come la morfina ma può causare nausea e vertigini; metronidazolo, un antibiotico, ha dimostrato di ridurre il dolore post-operatorio attraverso la riduzione della colonizzazione batterica, dell’infezione secondaria, dell’infiammazione e dell’edema.
Il dolore alla defecazione viene ridotto prescrivendo per alcune settimane sostanze che ammorbidiscono le feci.
Risposte alle domande più frequenti su
Intervento per Cisti Sacro-coccigea
Qual è la finalità dell'intervento?
Lo scopo dell’intervento è quello di asportare la cisti sacro-coccigea e i relativi tramiti fistolosi.
L’intervento viene quindi eseguito in posizione prona con i glutei divaricati da tiranti, al fine di meglio esporre la parte da operare.
Nel trattamento più comune, cosiddetto mediano, si procede con una incisione a losanga che include l’intero tessuto patologico e si rimuove il tutto fino alla fascia pre-sacrale.
La ricostruzione comprende una sutura profonda e una sutura cutanea. Quest’ultima può essere semplice oppure può essere necessario utilizzare lembi di scorrimento o plastiche cutanee.
Infine in base all’entità e alla caratteristiche della patologia si può decidere se lasciare o meno un drenaggio in aspirazione per alcuni giorni.
L’intervento termina con una medicazione di tipo compressivo per evitare la formazione di ematomi.
In alcuni casi, ad esempio nei casi recidivi, non è possibile una chiusura immediata della ferita e quindi la guarigione avviene per seconda intenzione (per granulazione dalla profondità alla superficie).
Per ovviare ai problemi della incisione mediana rappresentati soprattutto dalla difficoltà di cicatrizzazione, Bascom ha introdotto la tecnica laterale: la finalità dell’intervento rimane la stessa, asportazione della patologia e dei peli anomali, ma attraverso una incisione laterale. In questo caso la parete fibrosa dell’ascesso viene lasciata in loco.
Quando l’area patologica è molto ampia, e quindi è necessaria una vasta escissione di tessuto, la ricostruzione per semplice accostamento della cute non è possibile.
Pertanto sono necessarie delle plastiche con lembi di rotazione o plastiche a Z o a W.
Tuttavia queste ferite, come per le ferite semplici, si trovano sulla linea mediana e quindi sono a rischio di deiscenza per la ridotta vascolarizzazione di questa area corporea.
Qual è la preparazione prima dell'intervento?
L’unica preparazione necessaria consiste nella depilazione con creme depilatorie di tutta la regione sacro-coccigea e in parte di quella glutea che, in questi pazienti, è sempre molto ricca di peli.
Cosa succede dopo l'intervento?
Si scende dalla sala operatoria con una medicazione compressiva.
Nelle prime ore dopo l’operazione è meglio stare in posizione supina, proprio sulla parte operata, per facilitare la compressione e quindi prevenire la formazione di ematomi.
Nel post-operatorio e nei giorni successivi sono necessari analgesici e antibiotici.
Si deve porre molta cura nel proteggere la ferita e nell’evitare trazioni. La parte inferiore della ferita dista solo pochi centimetri dall’ano e tende a sporcarsi di materiale fecale durante le evacuazioni.
È quindi necessario medicare la ferita dopo ogni defecazione, e comunque almeno una volta al giorno, con detergenti e disinfettanti. Sulla ferita si lasciano delle garze per l’assorbimento delle secrezioni e si ricopre con un cerotto comodo.
Il drenaggio in genere viene rimosso dopo 48 ore, oppure mantenuto a dimora fino alla cessazione delle secrezioni.
Nel primo periodo è fondamentale il riposo: si sconsigliano sforzi e stazione eretta prolungata, soprattutto per facilitare la cicatrizzazione della ferita.
I punti di sutura vengono rimossi generalmente dopo 10-12 giorni dall’intervento.
Quali sono le complicanze dell'intervento?
Le complicanze possibili sono fondamentalmente legate, in fase iniziale, a una raccolta di secrezioni (sieroma) e/o di sangue (ematoma) nella ferita.
Nel periodo più tardivo può verificarsi una infezione con fuoriuscita di pus e una deiscenza della ferita parziale o totale.
Spesso queste due complicanze sono conseguenti ma possono presentarsi anche separatamente.
L’eventualità di una deiscenza della ferita, cioè di una “riapertura”, non compromette del tutto il buon esito dell’intervento ma ne prolunga di molto il decorso. Saranno necessarie infatti molte medicazioni, due o tre a settimana, per un periodo variabile che può arrivare anche a mesi, per ottenere una cicatrizzazione della ferita.
È molto importante che durante la cicatrizzazione della ferita non ci siano peli nelle vicinanze che possano esservi inglobati.
Quando si può riprendere il lavoro?
Se non ci sono complicazioni una volta tolti i punti di sutura, si possono riprendere le attività lavorative o scolastiche dopo circa 15-20gg dall’intervento.
Naturalmente i tempi di recupero sono molto soggettivi e variabili, anche in base al tipo di attività lavorativa.
Si sconsiglia invece la pratica sportiva, anche non agonistica, per almeno 40-60gg e qualsiasi attività in piscina per l’effetto negativo del cloro sulla cicatrizzazione e per i rischio di contrarre o trasmettere infezioni.
Sarà comunque necessario continuare a portare una medicazione finchè la ferita non risulterà completamente guarita.
Occorrerà evitare camminate eccessive e/o eccessi di sedentarietà fino alla definitiva cicatrizzazione.
Durante la convalescenza si dovranno evitare abiti stretti sulla sede dell’intervento.
La cisti sacro-coccigea può tornare?
La possibilità che la cisti sacro-coccigea si riformi si aggira intorno al 15% dei casi.
Si può distinguere una recidiva precoce, dovuta alla mancata asportazione di focolai settici che residuano nella ferita.
Invece la recidiva tardiva è causata da peli residui non rimossi dall’intervento o alla cattiva gestione delle medicazioni post-operatorie.
Intervento per Fistola Anale
Qual è la finalità dell'intervento?
Si possono eseguire numerose operazioni per curare una fistola.
In day surgery si possono trattare fistole semplici prevalentemente di tipo sottomucoso, intersfinterico o transsfinterico basso, che non prevedono ampie escissioni di tessuto e non sono a rischio di sanguinamento post-operatorio.
Lo scopo dell’intervento è quello di asportare il tessuto infetto, permettendo la guarigione della ferita dalla profondità alla superficie e prevenendo la formazione di sacche infette residue.
La guarigione delle ferite è un processo lento che può durare settimane o mesi.
È difficile prevedere i tempi di chiusura di queste ferite.
A volte, nelle fistole transsfinteriche e per evitare un immediato sacrificio di tessuto muscolare, viene inserito un filo, chiamato “setone”, nel passaggio intramuscolare della fistola. Questo ha lo scopo di non interrompere lo sfintere anale immediatamente ma di ottenere una sezione graduale del muscolo anale distalmente e una altrettanto graduale riparazione spontanea del tessuto a monte.
Qual è la preparazione prima dell'intervento?
Non c’è una preparazione specifica oltre agli esami pre-operatori di routine e una preparazione intestinale.
Cosa succede dopo l'intervento?
Dopo l’intervento sarà presente una medicazione in corrispondenza della ferita perianale e una spugna emostatica nel canale anale. Questo potrà generare un certo discomfort e il desiderio di evacuare.
Verranno prescritti antidolorifici e antibiotici.
Una volta completamente coscienti sarà permesso assumere liquidi per os e, dopo aver riacquistato il controllo delle gambe, sarà possibile alzarsi.
Si somministrano lassativi per incoraggiare la prima evacuazione dopo 24 ore dall’intervento. A volte si possono verificare dolore ed emorragie, anche importanti, dopo le prime defecazioni.
Per tale motivo si prescrivono antidolorifici.
La gestione della medicazione è cruciale per il buon esito dell’intervento.
Inizialmente occorrerà pulire la ferita anche due volte al giorno. In particolare, dopo le evacuazioni, è fondamentale medicare con docce mirate e disinfezione.
La guarigione della ferita deve avvenire dalla profondità alla superficie e quindi occorre mantenere aperta la ferita con garze medicate. Inoltre, per evitare di lasciare in sede delle aree di tessuto infetto, è utile sbrigliare tutta la ferita, anche con il dito, e provvedere a una buona disinfezione locale. Con il passare del tempo le sedute di medicazioni saranno meno frequenti fino alla guarigione definitiva. Se è presente il setone, oltre alla medicazione della ferita è opportuno procedere, a ogni seduta, alla trazione del filo per facilitare la sezione muscolare.
La ferita lasciata aperta secerne comunque del liquido sieroso, siero-ematico o francamente ematico, spesso imbrattato da materiale fecale.
È pertanto necessario l’utilizzo di assorbenti a contatto con la ferita e l’applicazione di pomate dermoprotettive per prevenire e curare le dermatiti reattive al contatto con queste secrezioni.
Quali sono le complicanze dell'intervento?
Tutti i pazienti prima di uscire dall’ospedale devono avere urinato almeno una volta. Infatti la ritenzione urinaria è una complicanza possibile per tutta la chirurgia proctologica e può dipendere dal tipo d’intervento e dal tipo di anestesia effettuata.
L’incontinenza fecale, quasi sempre temporanea e sotto forma di soiling (lieve imbrattamento della biancheria intima) o scarso controllo dei gas, è una complicanza specifica della chirurgia delle fistole anali che incide per circa il 10-30% dei casi.
L’incidenza d’incontinenza dipende: dalla complessità della fistola, dalla percentuale di sfintere coinvolto, dalla tecnica utilizzata ed è più frequente nel sesso femminile.
Non ci sono invece correlazioni tra incontinenza post-operatoria ed età.
Nei casi in cui persiste il problema, una volta portata a termine la guarigione della ferita, si esegue un ciclo di rieducazione sfinteriale con elettrostimolazioni e biofeedback.
Infine, come complicanza aspecifica ma comune a tutta la chirurgia proctologica, si può verificare una emorragia, sia precoce che tardiva, dovuta alla necessità di lasciare la ferita aperta e quindi soggetta a traumatismi e contaminazione.
In caso di emorragia si eseguono dei lavaggi con acqua fredda e si applica del ghiaccio sulla sede dell’intervento.
A volte possono essere prescritti farmaci che favoriscono la coagulazione e devono essere interrotti trattamenti con anticoagulanti e antiaggreganti.
Raramente è necessaria una emostasi chirurgica.
Quando si può riprendere il lavoro?
I tempi di guarigione della ferita dipendono dalla loro estensione e dalla qualità delle medicazioni.
È quindi difficile prevedere i tempi di recupero e di ripresa lavorativa che rimangono comunque molto soggettivi e dipendono dal tipo di attività svolta.
Mediamente la chiusura della ferita avviene in 20-30gg.
Però, se è presente il setone i tempi si allungano.
Si sconsiglia invece la pratica sportiva, anche non agonistica, per almeno 40-60gg e qualsiasi attività in piscina per l’effetto negativo del cloro sulla cicatrizzazione e per i rischio di contrarre o trasmettere infezioni.
Sarà comunque necessario continuare a portare una medicazione finché la ferita non risulterà completamente guarita.
Occorrerà evitare camminate eccessive e/o eccessi di sedentarietà fino alla definitiva cicatrizzazione.
Durante la convalescenza si dovranno evitare abiti stretti sulla sede dell’intervento.
La fistola può tornare?
La percentuale di recidiva di una fistola operata in day-surgery è di circa il 4-8%.
Le variabili che favoriscono una recidiva sono prevalentemente di tipo tecnico e dipendono dalle condizioni di partenza della patologia: è importante l’identificazione dell’orifizio interno della fistola in corso d’intervento e la sua localizzazione; le fistole più complesse o già recidive sono maggiormente soggette a ripresentarsi; l’esperienza del chirurgo è decisiva.
Non c’è invece correlazione con il tipo d’intervento effettuato.
Intervento per Ragade Anale
Qual è la finalità dell'intervento?
Lo scopo dell’intervento è quello di allentare l’ipertono anale e di aumentare di conseguenza l’apporto vascolare alla ulcerazione anale. Questo si ottiene con la sfinterotomia che incide parte dello sfintere interno. In questo modo si risolve il dolore e si favorisce la guarigione della ragade.
La sfinterotomia può essere praticata attraverso una incisione laterale sinistra (sfinterotomia laterale sinistra) o con un approccio posteriore (sfinterotomia posteriore).
In quest’ultimo caso è d’uso associare una anoplastica.
Indipendentemente dal tipo d’intervento lo scopo è quello di preparare lo sfintere anale interno e d’inciderlo per alcuni millimetri, in genere fino alla linea pettinata. A ciò si aggiunge l’asportazione della ragade o la sua diatermocoagulazione.
Qual è la preparazione prima dell'intervento?
Non c’è una preparazione specifica oltre agli esami pre-operatori di routine e una preparazione intestinale.
Cosa succede dopo l'intervento?
Dopo l’intervento sarà presente una medicazione in corrispondenza della ferita perianale e una spugna emostatica nel canale anale.
Questo potrà generare un certo discomfort e il desiderio di evacuare.
Verranno prescritti antidolorifici e antibiotici.
Una volta completamente coscienti sarà permesso assumere liquidi per os e, dopo aver riacquistato il controllo delle gambe, sarà possibile alzarsi.
Come per tutte le ferite anali è importante l’igiene locale. È quindi fondamentale lavarsi nella sede dell’intervento con la doccia, usare un sapone appropriato e asciugare delicatamente; nelle donne è buona norma lavare e asciugare muovendosi dal davanti all’indietro per evitare contaminazioni vaginali.
I lavaggi andranno effettuati dopo ogni evacuazione e due o tre volte durante la giornata.
Nei primi dieci giorni è possibile vedere perdite di sangue durante le evacuazioni e avere secrezioni siero-ematiche dalla ferita.
A volte si possono verificare episodi d’incontinenza fecale di tipo transitorio, che non sono tanto dovuti all’incompetenza dello sfintere, quanto alla presenza della ferita anale che impedisce una buona contrazione muscolare e alla difficoltà a mantenere completamente pulita la regione anale. Per tale motivo è utile evacuare regolarmente feci morbide e compatte, vuotando del tutto l’ampolla rettale, grazie all’uso di fibre o lassativi osmotici.
Sarà bene anche indossare assorbenti e applicare pomate protettive in caso d’irritazione cutanea.
Non sono necessarie medicazioni particolari ma sono utili controlli periodici per verificare il buon decorso della cicatrizzazione.
Quali sono le complicanze dell'intervento?
Tutti i pazienti prima di uscire dall’ospedale devono avere urinato almeno una volta. Infatti la ritenzione urinaria è una complicanza possibile per tutta la chirurgia proctologica e può dipendere dal tipo d’intervento e dal tipo di anestesia effettuata.
La complicanza più seria è l’incontinenza fecale transitoria che può gravare mediamente per il 1-30% dei casi.
Nella sfinterotomia posteriore il problema sembra maggiore a causa dell’esito cicatriziale a forma di “buco di serratura” (key-hole deformity).
Infine, come complicanza aspecifica ma comune a tutta la chirurgia proctologica, si può verificare una emorragia, sia precoce che tardiva, dovuta alla necessità di lasciare la ferita aperta e quindi soggetta a traumatismi e contaminazione.
In caso di emorragia si eseguono dei lavaggi con acqua fredda e si applica del ghiaccio sulla sede dell’intervento.
A volte possono essere prescritti farmaci che favoriscono la coagulazione e devono essere interrotti trattamenti con anticoagulanti e antiaggreganti. Raramente è necessaria una emostasi chirurgica.
Quando si può riprendere il lavoro?
Il tempo di recupero è molto soggettivo in base alla sensibilità personale e al tipo di lavoro svolto, e può variare da alcuni giorni a diverse settimane.
La ragade può tornare?
I risultati riportati in letteratura arrivano al 95% di guarigioni.
Non ci sono dati precisi sulla recidiva di questa patologia ma dopo un corretto trattamento chirurgico risulta molto rara.
Intervento per Emorroidi
Qual è la finalità dell'intervento?
Lo scopo dell’intervento è quello di rimuovere le emorroidi e le piccole appendici cutanee, dette marische.
Il caso ideale è un paziente affetto da emorroidi di dimensioni medie e prolassate (2° grado), troppo grandi per la legatura elastica. Si possono prendere in considerazione anche emorroidi di 3° grado.
In questo caso si tende a escludere la tecnica con la stapler (Longo) per la difficoltà di controllare a domicilio le possibili complicazioni.
Si preferiscono invece le tecniche aperte con la dissezione al bisturi elettrico o con radiofrequenze.
La tecnica della emorroidectomia non deve essere modificata solo perché viene eseguita in day-surgery. Tuttavia può essere vantaggioso tenere presente alcuni dettagli tecnici: è preferibile la tecnica chiusa rispetto alla tecnica aperta; l’emostasi è di estrema importanza e deve essere molto accurata; si dovrebbe conservare il tono dello sfintere, perché un tono normale del muscolo anale è una protezione contro l’emorragia; per lo stesso motivo si devono evitare le dilatazioni anali pre-operatorie; al termine dell’intervento meglio non inserire nessun tampone nel canale anale; la legatura del peduncolo emorroidario riduce le emorragie post-operatorie.
Qual è la preparazione prima dell'intervento?
Oltre ai comuni esami pre-operatori, è importante eseguire una buona toilette intestinale.
Cosa succede dopo l'intervento?
Dopo l’intervento sarà presente una medicazione in corrispondenza della ferita perianale e una spugna emostatica nel canale anale. Questo potrà generare un certo discomfort e il desiderio di evacuare.
Verranno prescritti antidolorifici e antibiotici.
Una volta completamente coscienti sarà permesso assumere liquidi per os e, dopo aver riacquistato il controllo delle gambe, sarà possibile alzarsi.
Come per tutte le ferite anali è importante l’igiene locale.
È quindi fondamentale lavarsi nella sede dell’intervento con la doccia, usare un sapone appropriato e asciugare delicatamente; nelle donne è buona norma lavare e asciugare muovendosi dal davanti all’indietro per evitare contaminazioni vaginali. I lavaggi andranno effettuati dopo ogni evacuazione e due o tre volte durante la giornata.
Nei primi venti giorni è possibile vedere perdite di sangue durante le evacuazioni e avere secrezioni siero-ematiche dalla ferita. Nel caso in cui tali episodi dovessero essere copiosi è utile ricorrere a lavaggi con acqua fredda e/o all’applicazione locale di ghiaccio.
A volte si possono verificare episodi d’incontinenza fecale di tipo transitorio, che non sono tanto dovuti all’incompetenza dello sfintere, quanto alla presenza della ferita anale che impedisce una buona contrazione muscolare e alla difficoltà a mantenere completamente pulita la regione anale. Per tale motivo è utile evacuare regolarmente feci morbide e compatte, vuotando del tutto l’ampolla rettale, grazie all’uso di fibre o lassativi osmotici.
Sarà bene anche indossare assorbenti e applicare pomate protettive in caso d’irritazione cutanea.
Sono molto utili controlli periodici per verificare il buon decorso della cicatrizzazione delle ferite e per verificare il calibro del canale anale. Infatti una possibile complicanza della emorroidectomia, soprattutto se eseguita su più peduncoli, è la stenosi o sub-stenosi anale a causa della riduzione del diametro del canale anale post-cicatriziale.
Quali sono le complicanze dell'intervento?
Tutti i pazienti prima di uscire dall’ospedale devono avere urinato almeno una volta.
Infatti la ritenzione urinaria è una complicanza possibile per tutta la chirurgia proctologica e può dipendere dal tipo d’intervento e dal tipo di anestesia effettuati.
Altra complicanza è l’emorragia, con una frequenza dell’1%, che si può presentare dopo alcune ore dall’intervento (emorragia precoce) o dopo diversi giorni (emorragia tardiva). In genere queste emorragie non necessitano d’interventi aggiuntivi e vengono gestite con terapia medica (farmaci coagulanti) e compressione.
Raramente diventa necessario un controllo dell’emostasi in sala operatoria.
Nel primo periodo post-operatorio è anche possibile il verificarsi di una forma d’incontinenza fecale con imbrattamento della medicazione. Questo si verifica a causa dell’ipotono sfinteriale secondario alle manovre di divaricazione dell’ano e per la presenza di varie ferite aperte che impediscono una chiusura completa del canale anale e una pulizia adeguata dell’area operata.
Infine, in fase di guarigione, è possibile lo sviluppo di una stenosi (restringimento) del canale anale a seguito di un eccesso di cicatrizzazione o di un insufficiente quantità di tessuto sano lasciato in sede tra le ferite (ponti mucosi).
Quando si può riprendere il lavoro?
I tempi di guarigione della ferita dipendono dalla loro estensione.
È quindi difficile prevedere i tempi di recupero e di ripresa lavorativa che rimangono comunque molto soggettivi e dipendono dal tipo di attività svolta.
Mediamente la chiusura della ferita avviene in 20-30gg.
Si sconsiglia invece la pratica sportiva, anche non agonistica, per almeno 40-60gg e qualsiasi attività in piscina per l’effetto negativo del cloro sulla cicatrizzazione e per i rischio di contrarre o trasmettere infezioni.
Sarà comunque necessario continuare a portare una medicazione finché la ferita non risulterà completamente guarita.
Occorrerà evitare camminate eccessive e/o eccessi di sedentarietà fino alla definitiva cicatrizzazione.
Durante la convalescenza si dovranno evitare abiti stretti sulla sede dell’intervento.
Le emorroidi possono tornare?
La recidiva delle emorroidi trattate in regime di day-surgery è piuttosto rara perché in genere si tratta di una patologia limitata a un solo peduncolo e/o a gavoccioli di piccole dimensioni.
È invece più corretto parlare di una evoluzione della patologia e, in particolare, del prolasso che, se si manifesta, necessita di un ulteriore trattamento in ricovero ordinario e con altre tecniche.