Interventi per Emorroidi
Legatura Elastica
La procedura consiste nell’applicare alla base dei gavoccioli emorroidari patologici un laccio elastico utilizzando uno strumento particolare introdotto attraverso un anoscopio al fine di provocare la necrosi e la caduta del tessuto emorroidario e del laccio stesso a circa una settimana dall’applicazione.
L’indicazione corretta, ove la procedura consente di ottenere i migliori risultati, è costituita dalle emorroidi di II grado sanguinanti resistenti alla terapia medica oppure in caso di dermatiti perianali e prurito dal prolasso mucoso occulto.
Nelle forme più avanzate di malattia, dove il prolasso è più significativo, la tecnica non permette di ottenere risultati significativi ed è pertanto poco utilizzata, al di fuori di contesti particolari (pazienti con controindicazioni a procedure chirurgiche maggiori o anestesia, recidive dopo intervento chirurgico e poche altre).
I vantaggi della tecnica sono evidenti:
- si tratta di una procedura ambulatoriale che non richiede ricovero ed è eseguibile in un ambulatorio di proctologia, senza necessità di sala operatoria
- richiede solo la somministrazione di un piccolo clistere a discrezione dell’operatore e non di preparazioni intestinali più drastiche e sgradevoli
- non richiede alcuna anestesia poiché il laccio viene posizionato in corrispondenza di tessuto privo di sensibilità al dolore. Il fastidio è quindi sovrapponibile a quello di una anoscopia diagnostica.
- la procedura è, in caso di necessità, ripetibile e, qualora la malattia progredisca, non controindica, in futuro, l’eventuale terapia chirurgica della malattia emorroidaria con altre tecniche
- le complicanze, seppur esistenti, sono veramente modeste per entità e incidenza. Si tratta di situazioni veramente eccezionali che, nella pratica di chi esegue quotidianamente questa procedura, si verificano occasionalmente.
- l’efficacia sulla sintomatologia è verificabile subito dopo la caduta dei lacci.
Risultati
I risultati sono buoni ed eccellenti nell’80% e nel 60% circa dei trattamenti, rispettivamente per emorroidi di 2° e 3° grado (Jensen SL, Int.J.Colorectal Dis., 1989; 4:41-44) e, tra le tecniche ambulatoriali, è quella con minore recidiva di sanguinamento (MacRae HM, Dis.Colon Rectum, 1995; 38:687-94, Johanson JF, Am.J.Gastroenterol, 1992; 81:1601-8)
Complicanze
Le complicanze sono rappresentate da lieve dolore in circa il 30% dei casi, peraltro ben controllato con gli analgesici, da un modesto sanguinamento nel 10% circa delle legature, a causa della caduta del tessuto e, in rarissimi casi, da trombosi emorroidaria e sepsi locale (Bat L., Dis.Colon Rectum, 1993; 36:287-290, Quevedo-Bonilla G, Arch.Surg., 1988, 123:650-651, Russell TR, Dis.Colon Rectum, 1985; 28:291-293).
Interventi Stapler-Assistiti
L’emorroidopessi secondo Longo, nata nel 1993, non è una reale escissione delle emorroidi, ma un metodo per correggere il prolasso mucoso associato alle emorroidi.
La tecnica consiste nell’applicazione di una sutura circolare sottomucosa, a borsa di tabacco, a monte dell’anello ano-rettale e nell’escissione di una colonna mucosa con una stapler circolare. Per eseguire tale tecnica esiste un kit dedicato (Ethicon Endo-Surgery) che permette una sua buona standardizzazione: è composto da un dilatatore anale (circular anal dilator, detto CAD), da un anoscopio fenestrato e da una suturatrice circolare il cui diametro è di 33mm.
Dopo aver posizionato e fissato il CAD, si ottiene un’ottima visione della regione ano-rettale e del prolasso. Si introduce l’anoscopio che stira la mucosa della parte inferiore del retto e consente al chirurgo di applicare una sutura a borsa di tabacco circa 4 cm al di sopra della linea pettinata usando un filo non riassorbibile 2/0.
Dopo aver terminato la sutura circolare e quindi aver raggiunto il punto da cui si era partiti, si introduce la stapler completamente aperta in modo che la testina oltrepassi la sutura circolare e si stringe la borsa di tabacco intorno allo stelo dello strumento.
A questo punto si trazionano i fili della sutura facendoli passare attraverso due appositi canali e si comincia a chiudere lo strumento. In questo modo testina e incudine si avvicinano inglobando il tessuto che verrà escisso. Dopo aver stretto il manipolo si aziona la leva del dispositivo che taglia e cuce contemporaneamente rimuovendo il prolasso e lasciando una sutura circolare a circa 2 cm dalla linea dentata.
Nella donna è importante palpare la parete vaginale posteriore durante la chiusura della stapler per evitare d’includere del tessuto vaginale nel resecato e porre le basi per una fistola retto-vaginale. Inoltre dopo la rimozione della suturatrice è fondamentale curare meticolosamente l’emostasi apponendo punti di sutura emostatici ove necessario.
Questo intervento è indicato nelle emorroidi di 2° e 3° grado associato a prolasso mucoso rettale e nelle forme di prolasso mucoso del retto occulto con dermatiti perianali dopo fallimento della legatura elastica.
Vantaggi
I vantaggi della tecnica, rispetto all’emorroidectomia tradizionale, stanno nel minore dolore post-operatorio, nella degenza più breve e nella ripresa più veloce delle attività quotidiane (www.nice.org.uk).
Tuttavia, solo in alcuni studi l’emorroidopessi presenta un più alto tasso di recidive a distanza e di reinterventi in confronto all’emorroidectomia, pur rimanendo elevata la percentuale di soddisfazione dei pazienti rispetto alla tecnica.
Starr
La resezione del retto con doppia stapler (Stapled Transanal Rectal Resection, STARR) rappresenta l’evoluzione della anopessi con singola stapler secondo Longo.
I vantaggi teorici della STARR sono innumerevoli: permette di asportare una maggiore quantità di prolasso nella malattia emorroidaria più avanzata (3° grado) e di correggere contemporaneamente sia il rettocele che l’intussuscezione retto-anale o retto-rettale con un unico e semplice approccio perineale; i tempi operatori e di degenza sono brevi e il dolore post-operatorio è ridotto; si evitano sia la plastica degli elevatori sia le ferite addominali o vaginali.
La tecnica consiste nel posizionamento di un dilatatore anale circolare (CAD) attraverso il quale, in due tempi, si procede alla preparazione del prolasso con borse semicircolari o punti trattori e, dopo aver introdotto lo strumento PPH01, alla resezione del prolasso, lasciando in sede una anastomosi retto-rettale circolare.
Secondo i dati del National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE) sono riportati risultati buoni ed eccellenti nell’88% circa dei casi con un miglioramento statisticamente significativo della stipsi da ostruita defecazione, quando associata nel pre-operatorio. Sono descritti tuttavia casi di sepsi, sub-stenosi, incontinenza fecale temporanea e urgenza defecatoria reversibile.
Intervento Doppler-assistito THD
La THD (dearterializzazione emorroidaria transanale) è una tecnica che prevede l’individuazione delle arterie emorroidarie mediante sonda Doppler e la loro legatura a livello del retto basso.
In genere si esegue la dearterializzazione di 6 arterie. In tal modo si riduce l’afflusso di sangue alle emorroidi che di conseguenza si riducono.
Nei pazienti con prolasso muco-emorroidario può essere realizzata, in aggiunta, una mucopessia.
La base teorica di questa tecnica si fonda sulla teoria fisiopatogenetica dell’iperafflusso arterioso al plesso emorroidario con il conseguente danno alle strutture di sostegno che determina il prolasso del tessuto.
Efficacia (dati tratti dal National Institute for Health and Clinical Excellence, NICE. www.nice.org.uk): in una review sistematica di 17 studi per un totale di 1996 pazienti con follow-up superiore ad 1 anno viene riportato un successo sul sanguinamento anale, sul dolore alla defecazione e sul prolasso in più del 90% dei casi.
Solo 3 pazienti hanno presentato un sanguinamento nel periodo post-operatorio, in pochi casi ci sono state delle trombosi emorroidarie e la comparsa di una ragade anale post-intervento.
Intervento con Ligasure
Nell’emorroidectomia aperta “classica”, cioè secondo la tecnica di Milligan-Morgan, lo scopo dell’intervento è quello di asportare i gavoccioli emorroidari in corrispondenza dei tre peduncoli vascolari principali (laterale sinistro, posteriore destro, anteriore destro), partendo dalla cute perianale per risalire nel canale anale fino a raggiungere il retto.
In questo modo si rimuovono le emorroidi e il prolasso mucoso rettale, quasi sempre associato.
Nella fase di dissezione è importante preservare gli sfinteri anali, quello interno in particolare, perché una loro lesione potrebbe compromettere il tono anale. Inoltre si deve porre molta cura nell’eseguire l’emostasi, cioè il controllo del sanguinamento, e nel lasciare tra le ferite ponti di ano-derma, detti ponti mucosi, intatti per evitare complicanze post-operatorie, come l’emorragia e la stenosi anale.
Recentemente l’utilizzo di nuove energie come le radiofrequenze ha permesso di ridurre di molto il dolore post-operatorio e quindi, pur rimanendo una tecnica più invasiva e dolorosa rispetto alle precedenti (www.nice.org.uk), ha raggiunto uno standard compatibile anche con il Day Hospital, per l’asportazione di noduli emorroidari singoli o di emorroidi di basso grado.
Interventi per Prolasso Rettale
Transtar
La tecnica si avvale di uno strumento dedicato denominato Contour Transtar
Fase 1: Posizionamento dei punti per la trazione del prolasso: vengono posizionati punti di trazione a tutto spessore in diversi sedi della circonferenza del prolasso (generalmente alle ore 2, 11, 9, 7, 5, 3 considerando la circonferenza rettale come il quadrante di un orologio).
Fase 2: Apertura del prolasso: può essere effettuata alle ore 2-3, come nell’animazione oppure con due aperture laterali eseguite con suturatrici lineari (tecnica detta di “scomposizione del prolasso”)
Fase 3: Resezione circolare del prolasso: grazie alla versatilità e alle caratteristiche curvilinee dello strumento è possibile, con 4-5 passaggi, asportare tutto il prolasso.
Questo intervento è indicato nei casi di prolasso rettale con stipsi da ostruita defecazione, rettocele e invaginazione retto-rettale e retto-anale.
L’efficacia della transtar, descritta in uno studio europeo, si attesta intorno al 78% dei pazienti con un miglioramento significativo della stipsi da ostruita defecazione (Colorectal Disease, 2009;11:821–830). In un altro studio recentemente pubblicato su Dis.Colon Rectum (2013 Jan;56(1):113-9) sono riportati risultati similari.
Interventi per Ragade anale
Lo scopo dell’intervento è quello di allentare l’ipertono anale e di aumentare di conseguenza l’apporto vascolare alla ulcerazione anale.
Questo si ottiene con la sfinterotomia che incide parte dello sfintere interno. In questo modo si risolve il dolore e si favorisce la guarigione della ragade.
La sfinterotomia può essere praticata attraverso una incisione laterale sinistra (sfinterotomia laterale sinistra) o con un approccio posteriore (sfinterotomia posteriore). In quest’ultimo caso è d’uso associare una anoplastica.
Indipendentemente dal tipo d’intervento lo scopo è quello di preparare lo sfintere anale interno e d’inciderlo per alcuni millimetri, in genere fino alla linea pettinata. A ciò si aggiunge l’asportazione della ragade o la sua diatermocoagulazione.
La complicanza più seria è l’incontinenza fecale transitoria che può gravare mediamente per il 1-30% dei casi.
Nella sfinterotomia posteriore il problema sembra maggiore a causa dell’esito cicatriziale a forma di “buco di serratura” (key-hole deformity).
Infine, come complicanza aspecifica ma comune a tutta la chirurgia proctologica, si può verificare una emorragia, sia precoce che tardiva, dovuta alla necessità di lasciare la ferita aperta e quindi soggetta a traumatismi e contaminazione. In caso di emorragia si eseguono dei lavaggi con acqua fredda e si applica del ghiaccio sulla sede dell’intervento. A volte possono essere prescritti farmaci che favoriscono la coagulazione e devono essere interrotti trattamenti con anticoagulanti e antiaggreganti.
Raramente è necessaria una emostasi chirurgica.
Interventi per Fistola anale
Lo scopo dell’intervento è quello di asportare la fistola con il tessuto infetto, permettendo la guarigione della ferita dalla profondità alla superficie e prevenendo la formazione di sacche infette residue.
Il problema nasce nel punto di passaggio della fistola attraverso gli sfinteri. Se la fistola è intersfinterica si precede alla sfinterotomia interna fino alla cripta patologica.
Nelle fistole transsfinteriche basse è lecito il sacrificio di una piccola parte dello sfintere esterno.
A volte, nelle fistole transsfinteriche medio-alte, per evitare un immediato sacrificio di tessuto muscolare, viene inserito un filo, chiamato “setone”, nel passaggio intramuscolare della fistola.
Questo ha lo scopo di non interrompere lo sfintere anale immediatamente ma di ottenere una sezione graduale del muscolo anale e una altrettanto graduale riparazione spontanea del tessuto.
Altra tecnica è la copertura dell’orifizio interno con un “flap” di avanzamento, adeguatamente vascolarizzato.
La guarigione delle ferite è un processo lento che può durare settimane o mesi. È difficile prevedere i tempi di chiusura di queste ferite.
L’incontinenza fecale, quasi sempre temporanea e sotto forma di soiling (lieve imbrattamento della biancheria intima) o scarso controllo dei gas, è una complicanza specifica della chirurgia delle fistole anali che incide per circa il 10-50% dei casi.
L’incidenza d’incontinenza dipende: dalla complessità della fistola e dalla percentuale di sfintere coinvolto (minore per le intersfinteriche e transsfinteriche basse; maggiore per le transsfinteriche medio-alte e le soprasfinteriche), dalla tecnica utilizzata e dall’esperienza del chirurgo.
Non ci sono invece correlazioni tra incontinenza post-operatoria ed età.
Nei casi in cui persiste il problema, una volta portata a termine la guarigione della ferita, si esegue un ciclo di rieducazione sfinteriale con elettrostimolazioni e biofeedback.
La percentuale di recidiva di una fistola è di circa il 4-8%. Le variabili che favoriscono una recidiva sono prevalentemente di tipo tecnico e dipendono dalle condizioni di partenza della patologia: è importante l’identificazione dell’orifizio interno della fistola in corso d’intervento e la sua localizzazione; le fistole più complesse o già recidive sono maggiormente soggette a ripresentarsi; l’esperienza del chirurgo è decisiva.
Non c’è invece correlazione con il tipo d’intervento effettuato.
Interventi per Incontinenza Fecale
Sfinteroplastica
Il trattamento chirurgico dell’incontinenza fecale si può dividere in procedure destinate alla riparazione di un difetto sfinteriale, conseguenza del parto o di un pregresso intervento chirurgico, e interventi di plicatura dei muscoli del pavimento pelvico, nel caso in cui il difetto sia di tipo neurogeno. Infine, quando altre tecniche hanno fallito ci sono varie tecniche che prevedono la sostituzione dell’apparato sfinteriale con trasposizioni muscolari, con anelli intorno all’ano e con l’uso di sfintere artificiale.
La sfinteroplastica è un intervento che, attraverso una incisione tra ano e vagina, procede con la preparazione dello sfintere anale interno ed esterno, l’apertura dello spazio intersfinterico e con l’individuazione del difetto muscolare. Una volta identificati i margini del difetto sfinteriale si procede alla loro sutura con sovrapposizione (tecnica di overlapping) oppure, come nel caso del filmato, a una plicatura.
Inizialmente i risultati della sfinteroplastica sono soddisfacenti con il ritorno alla continenza in circa l’80% dei pazienti.
Purtroppo i risultati a distanza di alcuni anni sono alquanto deludenti per il progressivo peggioramento della capacità contenitiva.
I risultati peggiori si ottengono nei casi in cui la causa dell’incontinenza è di origine neurogena o mista.